Cosa si nasconde dietro la programmazione RAI in lingua sarda?

Acclamata in pompa magna dalla Regione, è arrivata la firma della convenzione con la RAI per la trasmissione dei programmi in lingua sarda. Per il presidente Solinas è un traguardo storico. Ma è realmente così? Cerchiamo di capire la differenza attuale rispetto a quanto già visto in passato…

“È un traguardo storico, che abbiamo perseguito fin dall’inizio della Legislatura mediante un confronto aperto e costante con il governo e l’Azienda – dice il governatore Solinas -. Portare la lingua sarda in Rai, nelle sue varie espressioni, è una prestigiosa conquista e rappresenta un alto riconoscimento del valore e della dignità della nostra identità culturale. Vogliamo che la programmazione radiofonica e televisiva in sardo diventi una vetrina libera, nella quale possa esprimersi al meglio la produzione giornalistica, letteraria, artistica, etnografica, che dia spazio a tutte le sue espressioni nel loro alto valore”.

Queste le parole espresse dal Presidente Solinas, in seguito alla firma della convenzione con la RAI per la trasmissione dei programmi in lingua sarda, mediante un comunicato stampa che annuncia qualcosa di rivoluzionario.

I più attenti ascoltatori sapranno però che le trasmissioni in lingua sarda, da parte della RAI non sono assolutamente una novità, nonostante spesso abbiano subito delle lunghe interruzioni.
Si snocciolano ora anche numeri “da capogiro” con 100 ore di programmazione radiofonica e 22 di programmazione televisiva che fanno sorridere se confrontati a quelli del 2017 con 344 ore di programmazione radiofonica dedicata alla Sardegna di cui 144 ore in lingua sarda.

Quindi dove sta la differenza rispetto al passato?
1) La differenza più evidente è che mentre in passato la copertura finanziaria era coperta interamente dalla Regione Sardegna, questa volta è invece a carico di Roma. Questo è dovuto al fatto che ora la lingua sarda è finalmente citata nel contratto di servizio dell’azienda di Stato.

2) Aumento del numero di ore dedicate alla programmazione televisiva. Infatti salvo saltuari programmi su Rai3, come ad esempio i cartoni animati in sardo la domenica mattina e qualche raro film, non si è mai assistito ad un palinsesto televisivo regolare. Ma 22 ore di trasmissioni televisiva in tutto l’anno non sembrano comunque essere un buon risultato.

Merita un approfondimento il primo punto. Nel Contratto di Servizio della RAI, l’azienda di Stato tutela alcune minoranze linguistiche impegnandosi alla trasmissione, in accordo con le regioni, di contenuti ad esse espressamente dedicate.
Mentre alcune regioni come Trentino, Friuli, Valle D’Aosta hanno visto da questo punto di vista una strada in discesa, già nel 2015 l’ex Presidente Pigliaru faceva notare come il NO del Governo e del Senato all’inserimento del sardo tra le lingue da tutelare nel contratto di Servizio, fosse “una discriminazione inaccettabile”.
Successivamente a questo, come da prassi ormai affermata, in mancanza di alternative era stata stipulata una convenzione, con finanziamento a carico della Regione di cui abbiamo accennato in precedenza.

La vera novità è arrivata con il contratto di servizio del 2018-2022 dove all’articolo 25, tra gli obblighi specifici si legge:
 k) Minoranze linguistiche: la Rai – in coerenza con quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, lett.g) della Convenzione – è tenuta a garantire la produzione e distribuzione di trasmissioni radiofoniche e televisive, nonché di contenuti audiovisivi, in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua sarda per la regione autonoma Sardegna, in lingua francese per la regione autonoma Valle d’Aosta e in lingua, friulana e slovena per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia…

Se la lingua sarda ora compare ufficialmente tra le minoranze linguistiche del contratto di servizio, lo dobbiamo in particolare al consigliere del CdA RAI Franco Siddi che si è sempre battuto per ottenere questo risultato, opponendosi alla prima stesura del contratto che non teneva in considerazione le esigenze dell’isola, permettendo quindi al presidente Solinas di impegnarsi in una convenzione che non deve essere un punto di arrivo, ma una partenza per una serie di iniziative ed una programmazione che – se realmente si vuole lasciare il segno – dovrà essere valorizzata e proposta in modo decisamente più serio e approfondito rispetto a quanto già visto in passato.