– Radio digitale? i cellulari puntano tutto sulla vecchia FM

Data di pubblicazione: 3/25/2009

Fonte:Radiopassioni
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TechCheck, la newsletter tecnologica della National Association of Broadcasters americana fa il punto della situazione dei telefonini cellulari che integrano lo stadio di ricezione della radio FM.
Il numero di questi apparati, che il NAB censisce in questo documento PDF, è in costante crescita, favorita da due importanti trend: la disponibilità di ricevitori single on chip come il Silicon Labs 4074/5 (che oltretutto implementa una demodulazione interamente DSP) e la presenza sempre più diffusa di antenne riceventi direttamente incorporate nel telefonino, separatamente o direttamente sulla scheda che ospita il circuito elettronico.
E’ un piccolo cambiamento molto significativo, sostiene il NAB, perché finora la ricezione FM in un cellulare richiedeva l’uso del filo dell’auricolare come antenna, mentre la presenza di una antenna integrata consentirebbe un uso più flessibile. Il NAB parla per esempio di ascolto trramite cuffie Bluetooth, ma anche di applicazioni in cui il telefono può funzionare in modo autonomo, magari per usufruire di sistemi di trasmissione dati che sfruttano le sottoportanti delle stazioni FM. Viene citato il caso di AlertFM, un nuovo sistema americano che da quest’anno diffonde informazioni di pubblico interesse come gli allarmi meteorologici proprio attraverso le onde delle normali stazioni analogiche. AlertFM richiede un piccolo dispositivo di ricezione dotato di display su cui vengono visualizzati gli avvisi: nel suo caso, spiega sempre il NAB, l’antenna c’è ma è una traccia metallica sul board dei componenti e non richiede scomode antenne stilo.

Il NAB fa l’interesse dei broadcaster “convenzionali”, ma nel suo approccio pragmatico all’uso della risorsa FM c’è molto buon senso. La modulazione FM ha ormai circa 70 anni di vita, ci sono molte buone ragioni per pensare a una importante crescita tecnologica della radio. Ma ogni trasformazione dovrebbe tener conto della situazione dell’esistente e dei suoi potenziali non sfruttati, perché anche un uso inedito di una tecnologia “vecchia” può essere innovazione e cambiamento.